Nella nostra zona, c’è un’alta incidenza di malattie cardiovascolari, soprattutto di infarto miocardico acuto. Nel 2008, il locale ospedale ha trattato 266 casi di infarto miocardico acuto, dei quali 40 con somministrazione di fibrinolitico, contro i 112 di Milazzo (22 con somministrazione), i 138 di Barcellona (36 con somministrazione) e i 99 di Patti (26 con somministrazione). Per quanto riguarda le sindromi coronariche acute e per numero di ricoveri con infarto, il presidio santagatese risulta nei primi tre posti della provincia di Messina, dopo il Policlinico e il Papardo. Tuttavia, l’unità operativa è penalizzata dal fatto che, approntate le prime cure, nella maggior parte dei pazienti con complicazioni non è possibile attuare le terapie indispensabili per il proseguimento della cura e la sopravvivenza del paziente, che, quindi, deve essere trasferito nel centro più vicino. Nel nostro caso, l’ospedale di Cefalù, dove, nel 2008, sono stati dirottati ben 155 pazienti con infarto miocardico acuto. Insomma, un dispendio di energie senza alcun ritorno economico per l’Asl 5 Me. Ricordiamo che l’Utic-Unità terapia intensiva coronarica, inaugurata nel 2005 dall’allora ministro della Salute Storace, non è mai entrata in funzione. “Al di là di campanilismi di sorta, i dati parlano chiaro – sottolinea il responsabile della Cardiologia, Mario Iudicello - è necessario individuare un polo di emergenza, con Utic ed Emodinamica, nel distretto Sant’Agata, Patti e Mistretta e noi, negli anni, abbiamo dimostrato che la reale necessità è qui, perché vediamo il maggior numero di pazienti con cardiopatia ischemica. Solo che finora nel trattamento di questi pazienti, pur avendo fatto uno sforzo immane per assicurare loro l’alta prestazione specialistica, con un lavoro e turni massacranti, siamo stati costretti ad accompagnarli in altre strutture. Quindi, non solo ci assumiamo i rischi del trattamento di questi pazienti, ma dopo non ne beneficiamo dal punto di vista della produttività. Questo non rientra in nessun piano economico, né di giustizia sociale, né di distribuzione dei servizi. In termini di tempo, poi, siamo costretti ad impiegare unità mediche che devono spostarsi e creiamo un disagio ai pazienti. Non è corretto che il paziente debba spostarsi, quando qui c’è la possibilità di cura con i finanziamenti opportuni. Potremmo fare l’applicazione del pacemaker e l’emodinamica che è un metodo di organizzazione nel trattare la cardiopatia. Ci vogliono risorse umane e investimenti giusti e soprattutto la giusta organizzazione in tutta la Sicilia e nella nostra azienda, individuando i posti in cui queste strutture vanno realizzate, ovvero dove c’è maggiore necessità”. E qui torniamo ai dati. “La fascia tirrenica cha va da Patti a Mistretta ha il 10 per cento delle risorse economiche di tutta l’azienda – conclude Iudicello - significa che il 90 per cento viene dislocato altrove. Ma come popolazione meriteremmo di più, almeno un investimento del 20-25 per cento, che ci consentirebbe di trattare tutte queste patologie”.
Cinzia Scaglione
Nella foto : a destra, il primario di Cardiologia, Mario Iudicello.
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