22 aprile, 2009

Depotenziato il laboratorio d'analisi dell'Ospedale. Molti i disagi e nessun risparmio.

Sembra ormai certo il depotenziamento del laboratorio di analisi dell’ospedale, che verrebbe trasformato in centro prelievi di base. Una decisione dell’Ausl 5 Me nell’ambito del piano regionale di rimodulazione della rete dei laboratori. Dunque, per l’esito di analisi particolari dovrebbe essere trasferito tutto al laboratorio centralizzato dell’ospedale di Patti, individuato dall’azienda sanitaria quale laboratorio di tipo “Core”. Certo è che se la decisione è stata assunta nell’ottica di un contenimento della spesa pubblica, i conti non tornano. Anziché un risparmio, si dovrebbe avere una maggiorazione della spesa. A partire dal costo dei prelievi da trasferire, che, tra l’altro, arriverebbero a Patti non prima di tre o quattro ore, con possibili alterazioni del campione. Inoltre, il laboratorio ricevente potrebbe non essere pronto all’esecuzione di particolari esami che verrebbero “stoccati” di nuovo, con grave pregiudizio dei valori reali dei campioni. Questo comporterebbe, inevitabilmente, ritardi nelle dimissioni di pazienti, con conseguente aggravio di spese per l’azienda. Ed è ipotizzabile un rallentamento dell’attività ospedaliera. Altro aspetto da attenzionare riguarda gli esami di tipo “complessi”, che pervengono al laboratorio dopo il passaggio del vettore, alcuni probabilmente importanti per una diagnosi e terapia tempestive. Come e ogni quanto verranno spediti a Patti? Si tratta degli esami per la diagnosi di vari stati di coma, avvelenamenti, rischio interruzione di gravidanza, gravi emorragie e così via, che già vengono eseguiti presso il laboratorio dell’ospedale. Quindi, ci si chiede: che senso ha mandarli a Patti e con maggiori spese? Inoltre, con la riduzione della pianta organica, ovvero con la soppressione di sei posti di tecnico (rispetto agli attuali 11) e di cinque di dirigenti (rispetto agli 8), verrebbe abolita la Guardia Attiva (che farebbe spendere meno e garantirebbe la tempestività nell’esecuzione dell’esame), ritenuta indispensabile in un contesto sanitario ambientale complesso e caratterizzato da un alto numero di urgenze giornaliere, quasi il 50 per cento di tutta l’attività interna. E diventerà problematico assicurare anche la pronta disponibilità e l’attività ordinaria. Insomma, senza nessuna concertazione con le organizzazioni sindacali, verrebbe cambiata, unilateralmente, l’organizzazione del lavoro. Così come lamentato più volte dai sindacati e dagli stessi sindaci di questo distretto socio-sanitario, quello dei Nebrodi si attesta, ancora una volta, come il comprensorio più maltrattato, nonostante la sua vastità e popolosità, nonché la difficoltà nei collegamenti viari interni, dei quali nessuno sembra rendersene conto. A fronte di tante promesse non mantenute, ad oggi registriamo solo la mancata attivazione dell’Unità di terapia intensiva coronarica (inaugurata nel 2007 e mai entrata in funzione) e della Rianimazione. E il prossimo “flop” che incasserà il territorio dovrebbe essere il declassamento del laboratorio di analisi. In sostanza, in un hinterland di 100 mila abitanti, caratterizzato da una rilevante incidenza di malattie cardiovascolari, neurologiche e metaboliche, va sempre più scendendo la garanzia, offerta dalla sanità pubblica locale, dei livelli elementari ed essenziali per la vita. Si attende, adesso, la messa in atto, da parte dei sindaci, di un’azione di salvaguardia del nosocomio.
Cinzia Scaglione

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