09 ottobre, 2014

Da "il Fatto Quotidiano": Il senatore Azzolini, un presunto truffatore salvato dalle sconce intese.

Resto, quanto meno, "basìto" (traduzione per 'u zzu Caloriu: basìto= impietrito, attonito, privo di forza di reazione) dopo aver letto su "Il Fatto Quotidiano.it" quanto ha scritto ieri, 8 ottobre, Peter Gomez e che riporto integralmente.
Mi auguro, quanto meno, che "La storia non si ripeta" anche se aver studiato filosofia e Gian Battista Vico non mi fa ben sperare. Non vorrei essere nei panni di "qualcuno", e perchè no, e nei panni di "qualcuna". Grandi difficoltà dovranno essere superate e con i mezzi e l'enorme carico di lavoro, non penso sia agevole.
Ovviamente ogni riferimento ad altre analoghe situazioni è "puramente casuale" e non "causale".
Invito i lettori più attenti e "accutturati" (con molta cultura ed esperienza) a leggere attentamente quanto scritto dal direttore del noto quotidiano a trarne le dovute conclusioni.
Ad altri, non lettori diretti, a "non demordere" per non "deludere", anche in questa occasione, le aspettative di giustizia che ogni cittadino onesto ha o dovrebbe avere. Se pensate a quanti chilogrammi di carta e inchiostro sono stati consumati per portare a termine "alcune indagini", quanto impegno e sacrificio sono costate le ore passate su una sedia da molti funzionari e dipendenti dello Stato e quanto, in termini di denaro, anzi di euro, si è speso per cercare di mandare sotto processo e quindi di "punire" i responsabili di determinati reati, corruzione compresa, certamente non c'è da star allegri. (cirosca)
Il senatore Azzollini, un presunto truffatore salvato dalle sconce intese
"Ci sono scelte che segnano una vita. Quelle prese dai quei senatori del Pd che, martedì 7 ottobre, hanno detto no all’utilizzo processuale delle intercettazioni contro il loro collega Ncd Antonio Azzollini segnano invece la storia di un Paese.
Senza nemmeno avere il coraggio di spiegare pubblicamente in aula le ragioni della loro decisione, i magnifici sette componenti della giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama hanno votato contro la relazione di Felice Casson, esponente del loro stesso partito. Compatti hanno barattato buon senso e il buon gusto con la volontà di fare un favore ad Azzollini, un potente indagato per associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali.
Il politico di Molfetta, protagonista dello sperpero di 150 milioni di euro destinati alla costruzione di un porto inutile e mai terminato, è infatti una figura chiave della maggioranza: controlla in parlamento molti voti e sopratutto è presidente della Commissione bilancio, quella che tra qualche giorno dovrà esaminare la legge di stabilità.
Quando lo scandalo è scoppiato e Casson ha detto che il re è nudo (“Si continua a difendere la Casta”), i sette a mezza bocca, spesso chiedendo di non essere citati (per la vergogna?), hanno poi abbozzato una spiegazione: le intercettazioni di Azzollini vanno buttate perché non casuali. Se si mettono sotto inchiesta imprese e funzionari di un comune, sostengono i senatori Pd, i magistrati sanno benissimo che finiranno per intercettare il sindaco. E visto che a Molfetta il sindaco era il povero Azzollini è chiaro, secondo loro, che il presidente della commissione bilancio del Senato è stato incastrato. Il fumus persecutionis dunque c’è. Ed è pure molto spesso.
Questi pavidi luminari del diritto però non hanno fatto i conti con la matematica e gli atti processuali. Le telefonate di Azzollini intercettate – ovviamente non sulle sue utenze – sono state solo dieci nel giro di un anno e mezzo. Con il responsabile tecnico del progetto, per esempio, il senatore ha parlato due volte nel corso di due mesi, con un altro indagato tre volte nel giro di otto. Impossibile sostenere, pure a posteriori, che il presidente della Commissione bilancio avesse relazioni abituali con i protagonisti dello sporco affare del porto.
Ma tant’è. Azzollini doveva essere salvato, costi quel che costi. Doveva restare presidente (anzi presidente azzoppato, visto che ora la parola definitiva sul suo destino spetta all’Aula) per tentare di far passare senza strappi la fiducia sul jobs act e una manovra di bilancio piena di incertezze e buchi. Intanto in Parlamento quasi nessuno si turba se alla testa di una commissione fondamentale per controllare le leggi di spesa siede un un signore celebre per aver fatto auto-assegnare alla città di cui era primo cittadino prima 70 milioni di euro (grazie a una legge sul volontariato), poi saliti di anno in anno fino a 150, per la costruzione di un’opera faraonica e dannosa per l’ambiente. Un appalto talmente inquinato da venir definito persino dagli imprenditori protagonisti dello scandalo Expo “una roba esagerata”.
Perché Azzollini è l’uomo giusto al posto giusto. Sopratutto in un Paese che ha scelto di truccare ancora una volta conti e decenza.
La svolta c’è. Ma non è buona. Dimostra a tutta Europa che qui di nuovo qui ci sono solo le parole, che per il resto si va avanti come prima. Con larghe intese politiche e d’affari talmente forti da consigliare a qualsiasi investitore estero di girare al largo dai confini nazionali. Sì, perché di fumus persecutionis martedì sera, nella giunta del Senato, se ne è respirato molto. Ma non ai danni dell’uomo di Molfetta. La vittima era l’Italia. O quel che ancora ne resta."
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