Tremonti bacchetta il Meridione: non spesi 40,4 miliardi
di Giuseppe Mazzone (Dal Blog: Catania.blogsicilia.it)
Quaranta virgola quattro miliardi di fondi europei per il periodo 2007-2013 non sono stati utilizzati, e quindi spesi, dalle regioni del Meridione. Parliamo di stanziamenti assegnati e non di ipotesi e progetti. E così mentre intere regioni europee, dalla Spagna alla Normandia all’Irlanda, cambiavano volto, nel nostro disgraziato e dissestato meridione si stava a guardare.
Si tratta di finanziamenti che avrebbero trasformato le reti autostradali e ferroviarie, che avrebbero fornito l’occasione di insediamenti industriali e produttivo. Nonché eliminato quasi del tutto lo scempio delle montagne di immondizia che hanno esportato l’immagine di Napoli in tutto il mondo e Palermo sta per soppiantarla.
Ha ragione il ministro Giulio Tremonti, da vendere. La Sicilia ovviamente non è da meno: le occasioni sprecate si accumulano, i tempi sono saltati. La Regione è dovuta ricorrere a due soluzioni esterne per provare a salire sull’ultimo treno dei fondi europei, mentre quelli degli anni passati sono stati perduti. Ma per converso raschia il fondo del barile per cercare i soldi per stabilizzare 4500 eterni precari.
Lampante il motivo: voti e potere. Ma, si badi bene, 4500 precari che vanno ad ingrossare la già pachidermica macchina burocratica. Un ingranaggio che ruota su se stesso, un organismo che si autoalimenta ma che all’atto pratico è solamente uno stipendificio. Ha ragione quindi il ministro Tremonti, cifre alla mano.
In Sicilia non si produce. L’unica novità davvero interessante, l’avvento del fotovoltaico a Catania con l’arrivo dei giapponesi della Sharp, è stata stoppata dallo stesso ministero presieduto da Tremonti sotto forma del Cipe, il comitato interministeriale presieduto a sua volta dal sottosegretario Gianfranco Miccichè, pupillo di Berlusconi e principale alleato del presidente della Regione Raffaele Lombardo.
Il quale a sua volta tuona contro lo stesso Tremonti perché ha fatto sparire i fondi Fas per le aree sottoutilizzate, dirottandoli altrove.
Né è questione di schieramenti politici: la sciagurata gestione della cosa pubblica in Campania è tutta addebitabile alla sinistra. Ma in Sicilia a chi ?
Inutile negare che il granaio di voti che la nostra isola garantisce al presidente del Consiglio vale l’immobilismo dell’esecutivo nei nostri confronti. Non ci è parso che il governo si fosse dannato nel corso della stessa trattativa sulla Fiat di Termini.
È bravo, il ministro, a fare i conti e a bacchettare. Ma non basta parlare sempre e solo di tasse e trasferimenti fiscali per mutare un sistema marcio e putrido che meriterebbe solo di essere buttato a mare per ricominciare da zero.
Ma da dove e con chi ?
Una piccola idea. Anzichè mettere in vendita isolette, come ipotizza la Grecia, potremmo azzerare tutta, dico tutta, la classe dirigente politica siciliana e farci amministrare, ad esempio, da svedesi o norvegesi o anche tedeschi per 99 anni, salvo rinnovo. A questo punto avanti con tutti i federalismi possibili perchè avremmo solo da macinare vantaggi. Si lancia un’asta internazionale con un capitolato molto preciso e rigido che tenga conto di ogni risvolto sociale, economico e culturale. Tra gli altri il compito di formare, prima della scadenza, una classe dirigente capace, onesta e lungimirante. In fondo chiederemmo solo che rifacciano il lavoro che hanno fatto per secoli lasciandoci però in eredità un solido know how sulla pubblica amministrazione. Pensiamoci, noi umani normali cosa abbiamo da perdere? (di.traverso)
Si tratta di finanziamenti che avrebbero trasformato le reti autostradali e ferroviarie, che avrebbero fornito l’occasione di insediamenti industriali e produttivo. Nonché eliminato quasi del tutto lo scempio delle montagne di immondizia che hanno esportato l’immagine di Napoli in tutto il mondo e Palermo sta per soppiantarla.
Ha ragione il ministro Giulio Tremonti, da vendere. La Sicilia ovviamente non è da meno: le occasioni sprecate si accumulano, i tempi sono saltati. La Regione è dovuta ricorrere a due soluzioni esterne per provare a salire sull’ultimo treno dei fondi europei, mentre quelli degli anni passati sono stati perduti. Ma per converso raschia il fondo del barile per cercare i soldi per stabilizzare 4500 eterni precari.
Lampante il motivo: voti e potere. Ma, si badi bene, 4500 precari che vanno ad ingrossare la già pachidermica macchina burocratica. Un ingranaggio che ruota su se stesso, un organismo che si autoalimenta ma che all’atto pratico è solamente uno stipendificio. Ha ragione quindi il ministro Tremonti, cifre alla mano.
In Sicilia non si produce. L’unica novità davvero interessante, l’avvento del fotovoltaico a Catania con l’arrivo dei giapponesi della Sharp, è stata stoppata dallo stesso ministero presieduto da Tremonti sotto forma del Cipe, il comitato interministeriale presieduto a sua volta dal sottosegretario Gianfranco Miccichè, pupillo di Berlusconi e principale alleato del presidente della Regione Raffaele Lombardo.
Il quale a sua volta tuona contro lo stesso Tremonti perché ha fatto sparire i fondi Fas per le aree sottoutilizzate, dirottandoli altrove.
Né è questione di schieramenti politici: la sciagurata gestione della cosa pubblica in Campania è tutta addebitabile alla sinistra. Ma in Sicilia a chi ?
Inutile negare che il granaio di voti che la nostra isola garantisce al presidente del Consiglio vale l’immobilismo dell’esecutivo nei nostri confronti. Non ci è parso che il governo si fosse dannato nel corso della stessa trattativa sulla Fiat di Termini.
È bravo, il ministro, a fare i conti e a bacchettare. Ma non basta parlare sempre e solo di tasse e trasferimenti fiscali per mutare un sistema marcio e putrido che meriterebbe solo di essere buttato a mare per ricominciare da zero.
Ma da dove e con chi ?
Il commento di un lettore:
di.traverso scrive:
luglio 1, 2010 alle 3:09 pmUna piccola idea. Anzichè mettere in vendita isolette, come ipotizza la Grecia, potremmo azzerare tutta, dico tutta, la classe dirigente politica siciliana e farci amministrare, ad esempio, da svedesi o norvegesi o anche tedeschi per 99 anni, salvo rinnovo. A questo punto avanti con tutti i federalismi possibili perchè avremmo solo da macinare vantaggi. Si lancia un’asta internazionale con un capitolato molto preciso e rigido che tenga conto di ogni risvolto sociale, economico e culturale. Tra gli altri il compito di formare, prima della scadenza, una classe dirigente capace, onesta e lungimirante. In fondo chiederemmo solo che rifacciano il lavoro che hanno fatto per secoli lasciandoci però in eredità un solido know how sulla pubblica amministrazione. Pensiamoci, noi umani normali cosa abbiamo da perdere? (di.traverso)
una bella idea, peccato sia irrealizzabile! sic!
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